WORKS
GIRLS AND BOYS
La matita che corre su un colletto di camicia, su un sorriso appena accennato è il mio entrare in relazione con ognuno di loro, è lo stabilire una connessione che li fa essere ancora, viventi. Archivio le foto per raccoglierle, per accoglierle con un ordine che consenta di vederle distintamente, una per una, di ritrovare quell’unicità che rappresenta la dimensione più autentica, l’anima.
RESERVOIR
La storia personale è il più delle volte fondamentale per cogliere in tutta la sua ampiezza la ricerca di un artista. A maggior ragione lo è per Paolo Pessarelli, di formazione e professione economista e che, per ovvi motivi, ha per le mani ogni giorno il Financial Times. (…) La carta del quotidiano economico più autorevole del mondo è il supporto dei lavori di Pessarelli. I numeri sono illeggibili, le lettere anche: diventano segni vuoti. La sua è una raccolta della memoria della macrostoria del mondo, quella della politica, dell’economia su cui pone le fotografie delle persone normali, raccolte nei mercatini. Centinaia di microstorie che ripesca dal nulla, da una sorta di oblio eterno. In realtà quelle persone vissute cinquanta, sessanta, settanta anni fa, probabilmente già morte, anzi sicuramente già morte, con le loro immagini sono più vive di quei fogli di carta.
Angela Madesani
INTERAZIONI CON SEGNALI STANDARD
Tra il mondo (che Paolo sente sempre più stereotipato e omologato) e la sua percezione si apre un ventaglio di possibilità e di differenze infinite. A fronte di un anonimo sistema seriale, l’individuo interagisce con la propria singolarità, con le armi della sua mente e del suo spirito. Questo fa la differenza: rende l’assioma meno scontato, forse più vulnerabile, ma sicuramente più sopportabile, meno prevedibile.
Lorella Giudici
VENTI (1986-1993)
L’aspetto onirico è il primo filtro usato da Pessarelli nel suo rapportarsi alle forme. Segni “embrionali” tracciano spazi incerti che sembrano seguire da vicino i limiti della precarietà come cognizione di partenza. (…) Luci ed ombre, sospese indicazioni della propria intimità un po’ nostalgica, fanno da filtro alle pressioni del quotidiano
Anna Stuart Tovini
(dal testo di “Matrici di gioco” - progetto realizzato presso il Castello Colonna di Genazzano, 1987)